Maurizio Costa

La legge sull’editoria è fresca di stampa -è stata approvata due settimane fa -, ma il presidente della Federazione degli editori chiede al governo di non perdere neppure un minuto: «Entro novembre bisogna definire le linee guida e approvare i decreti attuativi che daranno sostanza al testo votato dal Parlamento». L’urgenza, dice Maurizio Costa, è figlia di una convinzione: «se siamo tutti d’accordo che una informazione di qualità, professionale, non quella raffazzonata In qualche blog mantiene un valore sociale importante, beh, lo dico che possiamo uscire dalla crisi del settore a patto di muoversi subito su tre fronti: la piena consapevolezza della gravità della situazione e le risorse necessarie  per contrastarle; il sostegno alle indispensabili trasformazioni strutturali; il rapporto con i player del mondo digitale,  per difendere il valore del nostri contenuti e combattere chi li cannibalizza».

In base a quali numeri lei dice che nessun altro settore economico ha sofferto per la crisi al pari dell’editoria?
«Tra il 2008 e il 2015 la stampa quotidiana e periodica ha perso il 50% dei ricavi. Parte importante di questa crollo si deve alla pubblicità, -60%. Valeva 3,6 miliardi, è scesa a 1,5. E il trend continua: perché ancora una volta nei primi 8 mesi del 2016 gli introiti pubblicitari crescono per tv e Internet del 7-8%, mentre per la carta calano del 4,7% ».

La nuova legge ha gli strumenti per uscire dal tunnel?
«Il testo ha molte luci e qualche ombra e do atto al Sottosegretario Luca Lotti e al Parlamento per la disponibilità dimostrata nel cogliere le nostre istanze. Il punto è che nessun settore può reggere al crollo che ho descritto sono con il taglio dei costi fatto in questi anni. Servono interventi strutturali, che la legge prevede, ma che bisogna concretizzare nei decreti attuativi. E’ il nostro ultimo miglio, il più importante».

Il testo prevede incentivi fiscali a chi aumenta rispetto all’anno precedente gli investimenti pubblicitari solo sull’editoria e su radio e tv locali. Quanto può valere questo aiuto?
«Noi calcoliamo che se il 50-60% delle aziende che investono in pubblicità aderirà agli incentivi, potremo incrementare i ricavi nel 2017 di oltre 100 milioni».

Altro tema chiave della vostra piattaforma è modernizzare le edicole e liberalizzare le vendite. Come?
«Andando oltre i piccoli passi fatti negli anni scorsi.  Le faccio un esempio: permettere, in collaborazione con gli edicolanti, a una boutique di vendere riviste femminili, a una concessionaria d’auto giornali che parlano di motori. AI tempo stesso bisogna consentire alle edicole di vendere altri servizi; perciò è fondamentale il processo di informatizzazione della rete di vendita sul quale esiste già un cospicuo stanziamento».

Fra i punti più delicati c’è Il sostegno alla ristrutturazione delle società editoriali. Che cosa proponete?
«Un cambiamento del modello organizzativo per favorire un ricambio generazionale. Idealmente vuol dire continuare sulla strada aperta dal decreto del 2014, quello del rapporto di una assunzione ogni tre prepensionamenti, che ha registrato oltre 1000 ingressi nelle aziende. Dal punto di vista pratico significa sbloccare tutti i prepensionamenti da tempo in stand by secondo i criteri vigenti e sui nuovi definire un diverso meccanismo, una sorta di Ape dell’editoria».

Ma è possibile conciliare i conti dell’Istituto pensionistico dei giornalisti, gravati dalle tante uscite anticipate di questi anni, con queste nuove misure?
« Il Consiglio di amministrazione dell’Inpgi ha varato una riforma importante, nell’ottica di un riequilibrio fra contributi e prestazioni, sino ad oggi fortemente disallineate, anche rispetto a quanto accade negli aItri settori industriali del Paese. Proseguendo su questa linea, credo ci sia spazio per ipotizzare nuovi meccanismi che favoriscano il ricambio generazionale di cui parlavo».

Ci sono le risorse necessaria al rilancio del settore?
«La legge crea un fondo per il pluralismo dell’informazione in cui si passa dalla logica di assistenza a pioggia a criteri più rigorosi nell’allocazione delle risorse. Alcuni fondi – 50 milioni – verranno dal recupero del canone Rai, per il resto servono scelte da fare con i decreti, ecco un’altra ragione d’urgenza»

E che cosa risponde all’obiezione che serve anche la volontà degli editori a investire?
«Che è pertinente e che gli editori si fanno carico della responsabilità di gestire questa transizione. Noi diciamo che la visione assistenziale dell’editoria è morta, non lo vogliamo, siamo pronti a confrontarci con le nuove frontiere».

Cioè con il mondo digitale? A giugno avete raggiunto un accordo con Google. Sta producendo I risultati che speravate?
«Sono orgoglioso dell’intesa, frutto di un approccio pragmatico. Abbiamo aperto i tavoli per discutere di valore dei contenuti, royalties, condivisione dei dati degli utenti e trasferimento di know-how tecnologico. Stiamo facendo sviluppi che dovranno tradursi in risultati economici e confermo che a regime il beneficio per il settore potrà valere 40 milioni».

Il prossimo interlocutore sarà Facebook?
«Il tema è attuale. E quello che emerge ultimamente riguardo a Facebook per gli aspetti legati alla privacy e alla pubblicità induce ad approfondimenti ulteriori. Detto questo, siamo pronti a confrontarci con tutti gli operatori, a patto che condividano un percorso di rispetto delle regole e un modello di business sostenibile».

Fonte: La Stampa

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