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Un applauso dei colleghi l’ha accolta quando ha lasciato il tribunale di Roma dopo avere ribadito oggi in aula le accuse agli autori del conflitto a fuoco tra clan rivali di cui fu testimone oculare il 17 maggio del 2013 ad Ostia.
Federica Angeli, cronista di Repubblica, vive sotto scorta da quel momento, da esattamente 1736 giorni.  ”Hanno provato in tutti i modi a privarmi della mia libertà - ha commentato lasciando piazzale Clodio – e sono riusciti a privarmi di quella fisica perché ho la scorta ma sicuramente io alle loro regole non ci sto e oggi posso dirvi che mi sento libera, è una bellissima sensazione. Non ho paura”.
Nel corso dell’udienza la giornalista ha ricordato che in questi anni ha ricevuto “minacce dirette e indirette, insulti sui social, avvertimenti. Anche il figlio quando aveva 8 anni venne preso di mira da Carmine Spada che gli fece il segno della croce. Ricordo quando vennero sotto casa mia a brindare due imputati di questo processo che erano stati scarcerati. Vivo blindata, non posso neppure affacciarmi sul balcone di casa, da cui vidi le fasi del conflitto a fuoco”. All’udienza era presente anche il sindaco di Roma, Virginia Raggi, che ha voluto dimostrare la sua vicinanza alla giornalista. “Sono qui perché le istituzioni non devono mai lasciare soli i cittadini soprattutto quando si tratta di lottare contro la mafia – ha affermato -. Sono qui come sindaca della città per lanciare un messaggio forte e duro contro la malavita. Gli Spada sappiano che Roma non ha paura”.
La giornalista davanti ai giudici della quinta sezione penale ha ricostruito quanto avvento nel maggio di cinque anni fa. ”Carmine Spada intimò alle persone che si erano affacciate alla finestra di rientrare dentro. Disse: ‘Che cazzo state guardando,
lo spettacolo è finito. Tutti dentro!’. In quel momento ho sentito le tapparelle abbassarsi. Io sono rimasta lì, anche se mio marito mi diceva di rientrare. Non eseguo gli ordini di uno Spada”. E ancora: “poche ore dopo aver denunciato quanto avevo
visto, fui chiamata dal Prefetto di Roma che mi disse che mi sarebbe stata assegnata una scorta perche’ in 40 anni non era mai successo che qualcuno a Ostia denunciasse gli Spada. E io un mese e mezzo prima avevo denunciato Armando Spada durante la mia inchiesta giornalistica sugli stabilimenti”.
A “scortare” in aula la cronista anche il direttore di Repubblica, Mario Calabresi. “Federica non può essere lasciata sola – ha detto -. Quando raccontava dei fatti di Ostia sembrava quasi che enfatizzasse i fenomeni: oggi è invece chiaro, anche da quanto sta emergendo dalle inchieste, che in quella parte di Roma c’è un grumo di criminalità e comportamenti omertosi che possono essere definiti mafiosi. Ad Ostia c’è un clima e una realtà che non possono essere sottovalutati”.
In contemporanea con l’udienza, fuori al tribunale, si è svolto un sit in di solidarietà a cui prenderanno parte Fnsi, Usigrai, Consiglio nazionale Ordine di giornalisti, Articolo 21, Rete No Bavaglio, Associazione Stampa Romana e Associazione Libera Stampa. I rappresentanti delle associazioni hanno poi assistito all’udienza.
Fonte: Ansa
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