bambine no baby squillo

L’Ordine dei giornalisti ha deliberato lo scorso 19 maggio che «l’uso reiterato che molte testate, televisive, cartacee e online fanno della definizione baby squillo» è una «inammissibile violazione della Carta di Treviso», cioè la carta deontologica dei giornalisti per la tutela dei minori firmata il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia. La Carta salvaguarda il diritto di cronaca sottolineando però la responsabilità dei media verso i diritti dei minorenni, che vanno tutelati e protetti nella loro identità per non comprometterne lo sviluppo psichico.

L’Ordine ricorda che «le bambine sono le vittime e gli uomini che abusano di loro, i pedofili, sono i colpevoli», aggiungendo che «usare i termini corretti è alla base del nostro lavoro. Scambiare le vittime con i colpevoli dà luogo ad una informazione falsa e fuorviante». Il documento è una conquista del gruppo Giulia (Giornaliste unite, libere, autonome) che da anni chiedeva il bando di questa espressione. La petizione online di Mila Spicola, sulla piattaforma Change.org, aveva raccolto oltre 30 mila firme ed è la versione italiana dell’istanza internazionale promossa dal Human Rights Project for Girls (Rights4Girls ) e accolta dalla Associated Press il 5 aprile 2016.

Non esistono baby squillo perchè non sono loro a decidere in autonomia di fare sesso con adulti. Come non esistono i baby kamikaze, perchè non decidono da soli di andarsi a far esplodere: sono adulti a deciderlo per loro. Esistono vittime. Un minore proprio perché minore è tutelato dalla legislazione internazionale. Quando le vittime sono bambine e bambini, sono e devono essere considerati innocenti anche nella terminologia. Le parole sono importanti.

ANNA MASERA

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Fonte: www.lastampa.it

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