Marina Macelloni Inpgi

Via libera alla riforma dell’Inpgi. Il Ministero del Lavoro di concerto col covigilante Ministero dell’Economia hanno comunicato oggi l’avvenuta approvazione della riforma dell’ente nazionale di previdenza dei giornalisti varata dal Cda dell’Inpgi il 28 settembre 2016. Lo si apprende in una nota pubblicata sul sito dell’Istituto, nel quale si specifica che  i ministeri, condividendone l’impianto complessivo sul piano sostanziale, ”hanno dato il via libera agli interventi correttivi del regime previdenziale dell’ente, deliberati per garantire la sostenibilità della gestione nel medio-lungo periodo”.

Nel contempo, è stata anche approvata l’introduzione di un contributo di solidarietà da applicare, in via temporanea e per la durata di 3 anni, a tutti i trattamenti di pensione erogati dall’Inpgi con importo pari o superiore a 38.000 euro lordi annui, con percentuali crescenti in base alle diverse fasce reddituali. La misura costituisce ”in adesione ai criteri esposti in proposito dalla Corte Costituzionale, una efficace attuazione del principio di equità intergenerazionale”.

“Il percorso di risanamento dell’Inpgi è partito. La riforma – ha commentato la presidente dell’Inpgi Marina Macelloni – consentirà all’Istituto di garantire la sostenibilità dei conti nel lungo periodo e quindi di rimanere anche in tempi difficili un presidio autonomo a tutela dell’informazione in Italia. L’Inpgi non fallirà, non sarà commissariato nè tantomeno confluirà nell’Inps. Questo obiettivo importante è stato raggiunto grazie al lavoro e al senso di responsabilità di tanti”.

”Una riflessione – prosegue Macelloni – sul contributo di solidarietà, approvato dai Ministeri nonostante le molte polemiche e ridefinito correttamente contributo di equità: è un piccolo sacrificio che però restituisce a tutta la categoria il senso di una solidarietà tra generazioni indispensabile in un momento difficile come questo”.

Tra le misure principali della riforma approvate dai Ministeri:

- la modifica dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia che vede incrementare, progressivamente nel triennio 2017-2019, l’età anagrafica richiesta, fino ad elevarla a regime a 66 anni e 7 mesi;

- la modifica dei requisiti di accesso alla pensione d’anzianità, che prevede un progressivo innalzamento dell’anzianità contributiva fino ad arrivare nel 2019 a 40 di contribuzione con 62 anni di età;

- l’introduzione del sistema di calcolo contributivo per le contribuzioni successive al 1° gennaio 2017;

- l’istituzione di un contributo aggiuntivo di disoccupazione dell’1,4%, a decorrere dal corrente mese di febbraio, per i rapporti a termine, a carico del datore di lavoro, riferito ai soli rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati per causali diverse dalla sostituzione di personale temporaneamente assente.

Decisioni posticipate sulle eccezioni alla normativa nei casi di prepensionamenti e stati di crisi. “In merito ad alcune misure, di minore impatto”, precisa la nota dell’Inpgi, “i Ministeri hanno ritenuto di non procedere con l’approvazione ma di chiedere ulteriori elementi di precisazione”.

In particolare, “per quanto riguarda le clausole di salvaguardia di cui alla Tabella A del Regolamento – che avrebbero consentito l’accesso anche con abbattimenti alla pensione di vecchiaia e di anzianità, con i requisiti previsti dalla previgente normativa, dei giornalisti e delle giornaliste che, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, fossero stati ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione oppure dipendenti da aziende in stato crisi ovvero disoccupati per cessazione rapporto di lavoro da aziende in crisi – i Ministeri si sono riservati di valutare i relativi impatti sull’andamento dei conti dell’ente”.

Per il segretario generale dell’Fnsi, Raffaele Lorusso, il via libera dei ministeri alla manovra di riequilibrio “rappresenta un momento di chiarezza sul futuro dell’Inpgi, smentendo i profeti di sventura che si esercitano sulle sorti dell’Istituto”.

“L’auspicio”, secondo Lorusso, “è che il governo utilizzi la severità con cui ha preteso l’inasprimento delle regole dell’Inpgi, a cominciare dall’età pensionabile – prosegue -, per definire i criteri di accesso delle aziende editoriali agli stati di crisi e agli ammortizzatori sociali. Non è più pensabile che l’Inpgi venga utilizzato come un bancomat dagli editori”. Una situazione “inaccettabile”, secondo il segretario dell’Fnsi, “perché nega il futuro a generazioni di giornalisti e, senza adeguati correttivi in sede normativa, a cominciare dai decreti attuativi della legge sull’editoria, rischia di avere effetti devastanti per il mondo dell’informazione e per gli istituti della categoria, rendendo inutile la riforma previdenziale appena approvata”.

Fonte: www.fnsi.it

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