Sagal-Salad-Osman

Sagal Salad Osman aveva poco più di 20 anni, era una studentessa e una giornalista. Lunedì pomeriggio uomini armati sono entrati in un caffè, vicino all’università di Mogadiscio dove seguiva i corsi e hanno aperto il fuoco uccidendola all’istante, spegnendo per sempre la sua voce. Sagal lavorava per Radio Mogadiscio, un’emittente governativa. Finora l’omicidio non è stato rivendicato ma la polizia punta il dito contro i militanti del gruppo islamico al Shabaab, che avrebbero giustiziato la giovane in risposta all’escuzione di Hassan Hanafi, giornalista somalo condannato a morte per avere aiutato l’organizzazione jihadista a intercettare e uccidere diversi colleghi e sostenitori del governo negli ultimi anni.
Dal 2007 ad oggi 45 professionisti dell’informazione sono stati uccisi nel paese.
La Somalia è uno dei luoghi più pericolosi per la stampa: secondo il Committee to Protect Journlists la categoria è presa di mira sia dagli estremisti islamici che da organi di Stato.
Sagal Salad Osman è la prima reporter uccisa nel 2016, la seconda donna negli ultimi sei mesi. Quattro lo scorso anno, tra cui Hindia Haji Mohamed che lavorava per l’emittente televisiva statale. Vedova di un altro giornalista assassinato alcuni anni prima, è stata vittima di un attentato di al-Shabab nel dicembre 2015. Una bomba ha fatto esplodere la sua auto.
Una situazione preoccupante che trova terreno fertile in una regione  stremata dalla guerra civile e in balia di gruppi tribali.
Da quest’area del Corno d’Africa, martoriata tra l’altro dalla carestia, continuano a giungere notizie di scontri e attentati.
Sagal, secondo i suoi colleghi, è stata colpita perché si era da poco occupata del conflitto che vede schierati il governo somalo e gli alleati etiopi contro il gruppo islamico legato ad al Qaeda, da lei aspramente criticato.
La Somalia si conferma ancora una volta come un Paese dove il dissenso è punito con intimidazioni e con la morte. Nella classifica annuale per la libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere, occupa infatti il 164esimo posto su 179.
I colpevoli dei crimini contro gli operatori dell’informazione, inoltre, sono raramente assicurati alla giustizia. Secondo l’indice annuale pubblicato nel luglio 2011 dal Comitato per la protezione dei giornalisti, con 10 omicidi irrisolti negli ultimi dieci anni, la Somalia detiene il primato in Africa e si piazza seconda nella classifica mondiale, dopo l’Iraq con 92 omicidi di cui non sono mai stati scoperti né assassini né mandanti.

Fonte: www.articolo21.org

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