«Ci tenevo a essere qui come segnale di vicinanza e perché credo sia importante socializzare per fare fronte comune per andare avanti. Il tema della libertà di stampa e l’esigenza di garantire agibilità democratica deve essere un tema centrale e nuove frontiere sulle quali riposizionarsi perché stanno cambiando i veicoli della produzione dell’informazione». Parole del presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, intervenuto all’incontro “Diritto di Cronaca e Lotta alle Mafie” organizzato dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio assieme a Stampa Romana nella sede della giunta regionale del Lazio. Un incontro per fare il punto sulla«professione giornalistica nella regione e - come spiegato dal segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo – fare il punto sul tema denunce».
163 cronisti denunciati
«Nel 2015 - ha detto - sono 163 i colleghi denunciati a cui vanno aggiunti i 96 nell’ambito dell dell’inchiesta Mafia Capitale. E’ preoccupante che queste notizie disponibili non sono conosciute neanche all’interno della categoria. Colleghi minacciati – ha sottolineato – perché producono informazione, questo dice qualcosa anche della società». Di qui il problema dei precari. «Di questi 163 colleghi - ha rilevato Pappagallo - molti sono precari e quindi non hanno neanche la tutela legale e quindi sono i più fragili. Noi come categoria dobbiamo fare uno sforzo in più per far sentire loro la nostra forza solida e fargli capire che non sono soli».
28 giornalisti minacciati
«Mafia Capitale ha evidenziato una dimensione di sistema terrificante, un’inchiesta su cui si sono misurate importanti responsabilità e una funzione importante l’ha giocata la stampa. E’ una dimensione che si aggiunge a una situazione di radicamento delle mafie nel Lazio che non è episodica e che ha portato a intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti», ha spiegato il presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della regione Lazio, Giampiero Cioffredi, evidenziando la necessità di un’alleanza tra le istituzioni e il sindacato dei giornalisti perché attaccare e intimidire un giornalista significa ferire la libertà di stampa e questo perché le mafie hanno bisogno del consenso sociale. «Siamo molto preoccupati», ha detto Cioffredi ricordando che «la relazione della commissione Antimafia dice che solo nel 2015 ci sono stati 28 i giornalisti che sono stati fisicamente minacciati e intimiditi. Questo è un dato che ci deve richiamare a una responsabilità di sostegno nei confronti del giornalisti a fare il proprio dovere che corrisponde al diritto dei cittadini di essere informati». Parlando poi di Mafia Capitale, Cioffredi ha tenuto a sottolineare: «si tende a volte a ridurla come a una banda di stracciaroli e non come una organizzazione criminale che aveva un impianto solido confermato dalle sentenze. Durante il processo dobbiamo fare attenzione affinché non subisca la banalizzazione che da più parti si avverte».
A Roma serve discussione su riscatto società
«In questo momento si parla di anticorpi - ha detto il presidente dell’Osservatorio Cioffredi - so che in questi 12 mesi la reazione della politica e della società civile è stata inferiore rispetto a quella che sarebbe dovuta scattare e su questo ci si deve interrogare. A Roma serve una discussione non sul fatto se ci siano o meno gli anticorpi ma sul riscatto della società civile» ha aggiunto. Dal canto suo il presidente Zingaretti ha spiegato che «la battaglia per la legalità deve partire dal presupposto che è importante che ognuno faccia il proprio dovere nelle proprie competenze. Solo così assume la sua forza costringendo me amministratore ad investire e interrogarmi su come io posso essere utile. È importante ancorare quello che si fa alla comprensione di quello che si può fare. Dobbiamo rompere i rischi di incomunicabilità tra i diversi attori e basarci sul fatto che ognuno parte da se stesso perché questo crea una solidarietà concreta senza farci chiudere gli occhi», ha concluso Zingaretti.
Fonte: Askanews
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