No Bavaglio

La libertà di espressione finisce alla sbarra. Il giornalismo viene perseguito come un’attività criminale. È iniziato ieri a Istanbul, nella 26esima corte penale della Caglayan Courthouse, il processo a carico di Ahmet Altan, Mehmet Altan e altri quindici fra giornalisti, scrittori e intellettuali. Sono accusati di aver sostenuto e partecipato a vario titolo al fallito golpe del luglio 2016. I fratelli Altan sono in carcere da settembre scorso. A loro viene contestato, fra l’altro, di aver tentato di sovvertire l’ordine costituzionale e di sostenere, pur senza esserne membri, Fethullah Gulen, un’organizzazione considerata criminale dal governo. Per la gravità dei capi di imputazione, Ahmet e Mehmet Altan e Nazli Ilicak, una giornalista famosa per le sue inchieste, rischiano ciascuno condanne all’ergastolo, oltre a ulteriori pene detentive fino a quindici anni.

Contro quello che è un processo al diritto di parola, alla libertà di espressione e alla libertà di stampa si schierano le organizzazioni dei giornalisti, Ifj e Efj, e numerose associazioni internazionali, i cui rappresentanti si ritrovano nel Palazzo di Giustizia. L’Ifj è rappresentata da Raffaele Lorusso, membro dello steering commettee e segretario generale della FNSI, che porta il saluto anche dell’Efj. Per i giornalisti turchi c’è Mustafa Kuleli, segretario del Tgs. Ci sono anche osservatori di altre organizzazioni: Committee to protect journalists, International press institute, Pen international, Human rights watch, Article 19, Amnesty international, Norwegian Pen, Index on censorship, International senior lawyers project, English Bar human rights commettee, rappresentanze consolari di Svezia, Gran Bretagna, Danimarca, Germania e Norvegia.

L’udienz ha preso il via alle 14. L’atmosfera è stata tranquilla dentro e fuori il Palazzo. Nessuna ressa e nessuna tensione. L’ingresso del pubblico è stato ordinato e veloce. Del resto, quello di Caglayan è il palazzo di giustizia più grande d’Europa. L’aula può accogliere poco più di sessanta persone: si può assistere a turno. Oltre agli osservatori internazionali, erano presenti  avvocati e parenti degli imputati, alcuni giornalisti stranieri, ma pochissimi giornalisti turchi. Non più di cinque, racconta chi li conosce. Le ragioni sono facili da comprendere. La paura di subire la stessa sorte degli imputati è diffusa. Il collegio giudicante era formato da tre persone. Il procuratore seduto di lato. Mehmet Altan e Nazli Ilicak erano presenti in aula. Ahmet ha assistito in videoconferenza dal carcere nel quale è rinchiuso. La prolusione del presidente della Corte ha richiesto quasi tre ore.

Poi, è inizia l’audizione di Nazli Ilicak. La giornalista ha ricordato di aver fatto soltanto il proprio dovere. Esprimere le proprie opinioni, informare i cittadini, essere in dissenso con il governo non significa fare attività sovversiva, si è difesa. Gli avvocati di Ahmet e Mehmet Altan hanno raccolto le tesi che i due giornalisti hanno esposto alla Corte in due pubblicazioni in turco e in inglese. Entrambi rivendicano la propria innocenza e il diritto di manifestare liberamente il loro pensiero e le loro critiche. È il fondamento di ogni democrazia matura, ricordano. Questo non è un processo normale. Questo è il tentativo di far passare il giornalismo per un crimine. Sarà lunghissimo. Almeno dieci mesi, ipotizzano gli avvocati.

Nel frattempo Ahmet e Mehemt Altan restano in carcere. Le pressioni delle organizzazioni internazionali non sono state sufficienti a farli liberare. L’auspicio è che servano a farli assolvere. Altrimenti ingiustizia sarà fatta. E l’allontanamento della Turchia dall’Europa e dai suoi valori di libertà, giustizia e tolleranza sarà definitivo.

PER APPROFONDIRE

Alle 12 in Fnsi conferenza stampa #NoBavaglioTurco
Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, si trovava ieri mattina a Istanbul, in rappresentanza della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj), per presenziare, insieme con gli esponenti di altre organizzazioni, al processo nei confronti dei giornalisti Ahmet e Mehmet Altan, accusati di aver tentato di rovesciare il governo, di sovvertire l’ordine costituzionale e di aver fornito supporto ad un’organizzazione terroristica pur senza esserne membri. Per i fratelli Altan e per altri imputati nello stesso processo è stata chiesta la condanna all’ergastolo. Ahmet e Mehmet Altan sono in carcere da settembre dello scorso anno. Quella di ieri è stata la prima udienza del processo davanti alla Corte di giustizia. Il caso dei due giornalisti è stato portato all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’Uomo.
Le parti lese, secondo l’accusa, sono il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, la grande assemblea nazionale turca e il sessantacinquesimo governo della Turchia. Ai due giornalisti viene contestato di essere fiancheggiatori di Fethullah Gulen, ritenuto a capo di un’organizzazione terroristica, proprietaria di numerosi mezzi di informazione. La partecipazione di Ahmet Altan, giornalista e scrittore, ad alcuni programmi di una tv di proprietà di Gulen viene ritenuta una prova sufficiente per considerarlo uno degli elementi del braccio mediatico dell’organizzazione. A suo carico ci sono anche l’aver diretto il quotidiano Taraf fra il 2007 e il 2012 e l’aver scritto editoriali per un sito web. Ad accusarlo sono anche le testimonianze di alcuni informatori.
Anche l’accusa a Mehmet Altan si basa sulle testimonianze di alcuni informatori, sul contenuto di alcuni articoli, con i quali avrebbe tentato di esaltare l’ideologia e la strategia di Gulen, e sulle registrazioni di alcune telefonate.
«L’Ifj – spiega Raffaele Lorusso – ha voluto essere rappresentata dalla Fnsi, riconoscendo al sindacato dei giornalisti italiani, ma anche a tutte le associazioni che con la Fnsi sono scese in piazza, di essere da sempre in prima linea nella difesa delle libertà di espressione e del diritto di cronaca in Turchia. Nel procedimento nei confronti di Ahmet e Mehmet Altan sono imputate altre 15 persone, fra cui altri giornalisti, come Nazli Ilicak, Fevzi Yazici, Sukru Ozsengul e Yakup Simsek, tutti sottoposti al regime di carcerazione preventiva. Si tratta di un procedimento che non doveva neanche essere avviato perché, come spiegato dai legali che assistono i colleghi, a essere messa sotto accusa è la libertà di opinione. L’auspicio è che la mobilitazione di numerose organizzazioni, non soltanto dei giornalisti, e della stessa Unione europea, possa portare all’assoluzione di tutti gli imputati».

Dopo l’udienza di ieri, la Federazione nazionale della stampa italiana, insieme con le associazioni che in questi mesi sono più volte scese in piazza al fianco dei colleghi turchi, ha organizzato per oggi alle ore 12, una conferenza stampa per fare il punto sulla situazione e tornare a ribadire con forza #NoBavaglioTurco. Appuntamento nella sede della Fnsi, in corso Vittorio Emanuele II, 349 a Roma (primo piano).

Fonte: www.fnsi.it
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