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Il sito del Guardian si fa sempre più social e democratico nei confronti di giornalisti e redattori. Dopo aver rivoluzionato l’homepage del sito con un’interfaccia che valorizza in modo nuovo i post pubblicati e rendendo disponibile anche una versione internazionale, dai contenuti organizzati in modo differente rispetto a quella visibile nel Regno Unito, Stati Uniti e Australia, l’ultima novità adottata dal Guardian riguarda Ophan, la piattaforma “in-house” attraverso cui analizzare i dati di traffico online, nata da una hackathon, una specie di contest tra esperti della rete.

Come spiega in un articolo comparso sul sito www.journalism.co.uk, Chris Moran, responsabile dell’audience online del Guardian, quello messo in atto è un vero e proprio processo di “democratizzazione dei dati”. In pratica, giornalisti e redattori potranno, grazie a una semplice interfaccia monitorare quanto, come e perché un articolo registri buona visibilità o meno sul web, quali sono gli influencer della rete e dei social relativamente ai temi trattati, quali i benefici derivanti dall’aggiunta di link ad altri articoli e quali gli effetti in termini di traffico di eventuali modifiche al titolo. La logica è quella di restituire il maggior numero di feedback possibili al giornalista.

Con Ophan si può sapere tutto del comportamento del lettore online: da dove proviene e quali sono le sue abitudini di lettura; particolare attenzione è posta agli ambienti social, Facebook e Twitter soprattutto, per sapere da dove provengono i lettori online del Guardian, quali contenuti cercano, quali post e articoli si rivelano più performanti e perché e anche quante visualizzazioni ricevono le storie dell’edizione cartacea sul web. Perché al Guardian, spiega Moran, “si fa giornalismo da più di 200 anni e sappiamo tutto della carta stampata. Ma internet cambia sempre e più velocemente di qualsiasi altra cosa”.

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